Nel lungo peregrinare sul suolo europeo gli Sbandieratori hanno effettuato trasferte importanti, lunghe e a volte memorabili in terra tedesca, a partire dalla prima nel luglio 1966 a Krempe e Landshut per una riunione internazionale della Bandiera. 22 spedizioni che hanno riguardato soprattutto grandi centri urbani e città storiche della Germania meridionale (Baviera, in particolare la Bassa Franconia), della zona del Reno, con una puntata nordica ad Amburgo[1]. Ogni volta che il direttore tecnico annuncia una trasferta in Germania non ci sono da parte del gruppo le reazioni entusiastiche che riguardano invece la Spagna, a dimostrazione della generalizzata istintiva preferenza per le accoglienze e gli ambienti latini e “meridionali” piuttosto che per la “compostezza teutonica”. Ma in numerose occasioni i luoghi visitati e la risposta del pubblico tedesco ci hanno fatto ricredere, lasciando alle nostre squadre impegnate ricordi importanti. Chi scrive è certamente di parte, amando profondamente la cultura e la storia tedesca, consapevole della sua ricchezza e complessità. Ho avuto la fortuna di far parte di due spedizioni in Germania col gruppo nei primi anni duemila, all’interno di manifestazioni promozionali della città e del commercio aretino, ma soprattutto negli anni settanta e ottanta ci sono state importanti esibizioni per festival folkloristici che hanno riguardato centri di assoluto rilievo come Augusta, Francoforte, Düsseldorf e Saarbrücken. In due occasioni, nel 1989, abbiamo presenziato alle cerimonie di gemellaggio di località tedesche con comuni della nostra provincia: Uffenheim con Pratovecchio e Kitzingen con Montevarchi. Importanti poi furono certamente l’esibizione del 1967 per i celebri Giochi senza frontiere ad Aquisgrana, città termale romana, capitale del Sacro romano impero dove riposano le spoglie di Carlo Magno e soprattutto i Mondiali di calcio del 1974. In questa prestigiosa cornice il gruppo si recò a Stoccarda dove giocava la nazionale italiana il primo turno a gironi di quell’infausto mondiale dal quale uscimmo subito (debacle esemplificata dal “vaffa” di Chinaglia al C.T. Valcareggi al momento della sostituzione nella partita contro Haiti). I mondiali della Germania Ovest si svolsero in un clima di cupa preoccupazione conseguente al trauma dei giochi olimpici di Monaco di appena due anni prima coi 17 morti nell’azione terroristica di Settembre Nero verso la rappresentanza israeliana. Le misure di sicurezza furono le più ferree della storia dei mondiali e anche gli sbandieratori ne fecero le spese, non riuscendo mai ad esibirsi negli stadi. Per comprendere quel clima ci affidiamo alla memoria del nostro tamburino Sergio Rossi, parte di quella spedizione:
“…le misura di sicurezza furono insopportabili: non ci fu mai concesso di esibirsi allo stadio in occasione delle partite – soprattutto dell’Italia – cui tenevamo, ovviamente, in modo particolare. Ricordo che potemmo andare, quello sì,un paio di volte al ritiro della nostra Nazionale – e ci sono in giro delle foto con Valcareggi, Facchetti, Albertosi, Boninsegna e altri giocatori. Era presente anche l’allora Consigliere della Federcalcio, il concittadino Azelio Rachini. Indimenticabili gli sforzi del nostro autista di autobus – dell’organizzazione – simpaticissimo che diventato in breve un nostro grande estimatore, fece a più riprese, tentativi di superare, in giorni diversi, i vari sbarramenti a cerchi concentrici che erano stati predisposti intorno allo stadio, parlando ovviamente in tedesco e millantando permessi ed autorizzazioni che in realtà non avevamo. Infatti, l’unico successo fu di arrivare un giorno proprio sotto lo stadio, appunto di Stoccarda – c’è la famosa ed unica foto in tutti i nostri libri – dove poi fummo definitivamente bloccati e minacciati di non ripetere simili sciocchezze… perché avremmo corso seri rischi per la nostra incolumità. La sola consolazione fu quindi di esibirci sempre nella piazza principale della Città e di vedere le partite… alla televisione!!”
Le trasferte del gruppo in Germania hanno consentito di esibirci in luoghi che con la nostra tradizione medievale hanno molto a che fare: i centri storici della Baviera e del Reno, nonostante le immani distruzioni della seconda guerra mondiale e i numerosi incendi del passato, sono largamente ben conservati e ospitano spesso iniziative ispirate al folklore e alla parata in costumi antichi. Sono questi i contesti che ci vedono assai omogenei allo spirito tedesco interessato alle divise, all’araldica e alle nostre musiche. Spesso si dimentica quanto la storia tedesca sia permeata di Sacro romano impero, di politica, trattati, eserciti, organizzazione sociale, civile e religiosa che hanno contribuito molto alla fisionomia del continente europeo che conosciamo oggi. La “Germania che amiamo” – per mutuare il titolo di un vecchio scritto di Lucio Lombardo Radice – è avida di cultura, curiosa delle diversità ed aperta ai colori e allo spirito vivo di un gruppo come il nostro che, da Bonn a Norimberga e Colonia è riuscito ad inserirsi perfettamente fra resti romani e cattedrali gotiche, reminiscenze Beethoveniane e incisioni di Duhrer. La Germania distrutta e ricostruita infinite volte, sepolta e rinata sulle proprie incontestabili contraddizioni, è oggi multietnica e plurale e anche per questo molto attenta al passato, anche a quello remoto che noi mettiamo in scena ogni volta che indossiamo i nostri costumi. Ricordo assai bene la bocca aperta dei bambini che ammiravano i nostri lanci sotto i due enormi campanili del duomo di Colonia, uniche colonne di civiltà passata rimaste in piedi dopo il bombardamento alleato che rase al suolo il centro della città, e non posso dimenticare la soddisfazione delle nostre fotografie fra le arcate della cattedrale di Ratisbona, sede vescovile di fondamentale importanza a presidio della dimensione cattolica in conseguenza della diffusione del protestantesimo del XVI secolo.
Gli sbandieratori, col loro esibirsi cercano di riportare in vita un passato affascinante quanto ingombrante: quella medievalità che attrae ma che è pure alla base di cruente visioni del mondo. Le divisioni religiose, il pregiudizio, la violenza, come la miseria materiale sono tutt’uno con quell’araldica che intriga lo spettatore di oggi. Ed è per questo che assume un grande valore di speranza portare la “nostra idea ricostruita” di medioevo attraverso il nostro peregrinare: scettica, smagata e sorridente, frutto della breve esperienza di giovani dell’oggi. A questo pensavo con un sorriso quando, in costume, nel duomo di Regensburg osservavo un triste Judensau, un gruppo scultoreo raffigurante una scrofa che allatta tre ebrei, orientata, a mo’ di umiliazione e scherno, proprio in direzione dell’antico quartiere ebraico della città.
[1] Elenco cronologico delle trasferte in Germania: luglio 1966 Krempe e Landshut, riunione internazionale della Bandiera; 1967 Aquisgrana, Giochi senza frontiere; 1974 Augsburg, Settimana italiana; 1974 Stoccarda, Mondiali di calcio; maggio 1981 Francoforte, Festival internazionale bande musicali militari; Giugno 1984 Düsseldorf, Festival internazionale del folklore; ottobre 1986 Saarbrücken, Settimana toscana; agosto 1987 Amburgo, Settimana toscana; aprile 1989 Uffenheim, Gemellaggio con Pratovecchio; maggio 1989 Kitzingen, Gemellaggio con Montevarchi; ottobre 1993 Saarbrücken, Festa europea; aprile 1999 Norimberga, Buongiorno Italia; aprile 2001 Francoforte, Buongiorno Italia; aprile 2002 Bonn e Colonia, Promozione Comune di Arezzo; marzo 2003 Stoccarda, Buongiorno Italia; luglio 2003 Monaco, Inaugurazione sede ENIT; marzo 2004 Norimberga, Regensburg, Erlangen, Buongiorno Italia; aprile 2005 Würzburg, Promozione prodotti aretini; gennaio 2008 Stoccarda, Fiera internazionale; agosto 2008 Düsseldorf; Caravan salon; luglio 2015 Waldkirch, Historisches-Marktplatzfest; luglio 2018 Waldkirch, Historisches-Marktplatzfest.
da “L’Alfiere” – n. III – 2018, pagg. 8-9