La trasferta in Siria pone, come inevitabilmente ci rendiamo conto oggi, problemi di memoria e di emozioni. Fino a pochi anni fa meta turistica per eccellenza del vicino oriente per il concentrato di luoghi artistici di importanza assoluta, teatro odierno di un conflitto tragico e dalle complesse ripercussioni umanitarie (oltre che geopolitiche). Difficile, anche ad una superficiale riflessione storico-geografica, non riconoscere in questo luogo i nomi di popoli, istituzioni, personalità della cultura, che rimangono alle origini della stessa civiltà umana. Fra i tanti possibili riferimenti potremmo ricordare Ebla, luogo geografico con insediamenti umani databile al terzo millennio avanti Cristo, ma alcune delle sue città arricchite dalla lunga presenza romana, come Palmira, danno la misura della stratificazione di incontri culturali e commerciali. Se il medio oriente è ovviamente così centrale per lo sviluppo della cultura araba, la presenza romana, che dalla prima penetrazione con Pompeo si protrasse per sette secoli, contribuì ad influenzare stili architettonici e organizzazione della vita civile. Anche per questo città come Palmira ed Aleppo rimangono nomi pieni di suggestione per i visitatori dell’età moderna e contemporanea.
Gli eventi tragici del conflitto non soltanto interno alla Siria di questi anni recentissimi tendono a farci dimenticare, colpevolmente, il valore universale della testimonianza di una terra come questa, dove tutto è cominciato, dove la presenza di fattori unici di fertilità ha determinato il compenetrarsi di insediamenti umani che da qui hanno fatto germogliare le civiltà mediorientale e mediterranea. Un viaggiatore contemporaneo fra Palestina, Giordania e Siria è in grado di smarrirsi all’interno di infiniti riferimenti storicogeografici, complicati dalla molteplicità di lingue, religioni ed etnie in continuo movimento. Il nostro viaggio coincise tristemente, lo affermiamo retrospettivamente, con l’ultima fase della stabilità geopolitica di una realtà territoriale oggi in macerie, dove il disastro umano fa da evidente contraltare allo scempio dei luoghi archeologici e più in generale delle tracce di una umanità ancora non confinata negli odierni steccati etnici, politici e religiosi. Quel viaggio fu l’occasione, per i fortunati che ne fecero parte, di valutare con gli occhi la vastità della stratificazione lasciataci dall’agire umano di un passato remotissimo: incontro mai semplice tra oriente ed occidente, intreccio di destini confessionali comuni a partire dalla diffusione di diverse pratiche monoteiste, patrimonio universale (e per questo da difendere) di quella specie umana che con indifferenza assiste oggi alla oscena agonia siriana.
da “L’Alfiere” – n. I – 2016, pag.6