Gli Sbandieratori di Arezzo hanno sviluppato nel tempo un legame profondo con il Giappone e nel corso degli anni sono state numerose le occasioni per esibirsi in questo paese. La trasferta più iconica è stata quella di Sasebo 1989 presso il World Festival dell’Holland Village.
L’evento si svolgeva all’interno di un villaggio che riproduceva l’olanda del 1600, con i mulini a vento, i castelli, i vestiti tipici e i velieri giunti via mare dall’Europa. Insieme agli Sbandieratori di Arezzo c’erano moltissimi altri gruppi provenienti da tutto il mondo ad animare l’atmosfera. Sembra incredibile ma la data della partenza fu il 17 luglio mentre il ritorno avvenne il 3 settembre. La trasferta durò 49 giorni, tre esibizioni al giorno per un totale di 107 esibizioni, realizzate con una squadra di sei sbandieratori, due acrobati e due tamburi.
Il gruppo dei magnifici 10 era così composto (i nomi sono in ordine alfabetico così da non fare preferenze. Anche a distanza di 35 anni qualcuno ancora potrebbe mettere il capèllo!!):
Basagni Alberto – Bianchini Massimo – Calcini Leonardo – Farsetti Paolo – Gentile Gianluca – Giorgini Stefano – Luttini Angelo – Martini Stefano – Severi Paolo – Vanni Marco
Risulta impossibile comprimere le storie di 10 compagni che vivono una tale esperienza in un solo racconto. Tra le avventure più memorabili sono rimaste nella storia una piscina comunale, utile rinfrescare gli sbandieratori, ma con una altezza massima di 20 cm. Diciamo quindi utile a rinfrescare gli stinchi degli sbandieratori o per qualcuno solamente i piedi. Tra le storie poi si sente spesso raccontare anche di un cinema con una tecnologia 3D presente all’interno del villaggio delle esibizioni. Per l’epoca vedere qualcosa di così futuristico lontanissimo da casa propria fu una esperienza sicuramente particolare.
Il Festival fu anche occasione per gli sbandieratori di realizzare una esibizione canora, senza bandiere e tamburi, ma con tanta voglia di divertirsi a cantare alcuni grandi classici del gruppo e della canzone italiana come l’intramontabile “l’uccellino” o la “Canzone intelligente” di Cochi e Renato. Immaginiamo il volto divertito dei numerosi presenti nel pubblico.
Tra escursioni, gite e meritato turismo, alcune delle storie più goliardiche si svolsero all’interno dei corridoi dell’hotel. Si ricorda l’impianto antincendio dell’albergo mandato in tilt da giochi pirotecnici in occasione di un compleanno, ma soprattutto merita di essere ricordato il Saracino Giapponese, una delle rievocazioni della Giostra del Saracino avvenute più lontane dalla nota Piazza Grande. Infatti, per rivivere anche in terra giapponese lo spirito e l’aria della Giostra del Saracino (che quell’anno si corse il giorno 27 agosto) i partecipanti alla trasferta organizzarono una personalissima Giostra. Allo scoccare della mezzanotte (in Italia erano le 17,00) tra i corridoi dell’albergo andò in scena una sfilata con vessilliferi, damigelle, paggi e sbandieratori, per poi passare alle carriere dei giostratori con una copia esatta del tabellone ed un ombrello macchiato in punta con la cera per gli stivali usato come lancia. Che dire, mettete 10 sbandieratori in una stanza e ci sarà sempre da divertirsi. Meno fu il divertimento del guardiano notturno dell’hotel che tentò inutilmente di fermare la manifestazione.
Ma la vera novità della trasferta fu la comparsa del “Tabellone”, una sorta di diario di bordo sul quale vennero annotate con precisione notarile tutte le vicende che hanno contraddistinto il viaggio, le esibizioni e la vita della piccola comunità in terra d’oriente. Parlando di numeri abbiamo già detto che la trasferta durò 49 giorni e che furono 107 le esibizioni. Ma grazie proprio al Tabellone della trasferta possiamo anche dire con certezza che ci furono:
– una cinquantina di bandiere per terra (di queste però 4 sono oggetto di contestazione da parte del Gianluca Gentile che commenta il tabellone con la parola ladri);
– cinque scivolate o cadute da parte di sbandieratori;
– dieci bandiere rotte;
– solamente quattro errori dei tamburi;
– una decina di capèlli, di cui due nello stesso giorno, poteva andare peggio ma il gruppo dopo così tanto tempo insieme si ritrovò unito da un legame unico;
– tra le note scritte di possono leggere commenti del tipo: Paolone voleva buttare il Pallina giù dalla barca; giorno di Uragano; Paolino ha una reazione violenta con calcio alla tazza;
– viene poi citato un movimento tutt’oggi inspiegabile: l’affondo dorsale del Basagni o ancora berciava tra sé nel singolo o lanciava in anticipo facendo sbellicare la platea.
Ma una grande trasferta è tale anche per il modo con cui si conclude. I 49 giorni di esibizioni, infatti, terminavano con il rientro ad Arezzo di domenica 3 settembre, pensate un po’, proprio per la prima domenica di settembre nella quale si svolge la Giostra del Saracino. I 10 sbandieratori dal Giappone affrontarono il viaggio aereo, l’atterraggio in Italia, i tempi morti, le coincidenze dei mezzi. Ma affrontarono anche la dogana con il loro bagaglio pieno di spade Katane degne di Samurai grazie ad un Paolone dal sangue freddo ed un po’ di fortuna. Fuori dall’aeroporto di Fiumicino il pullman del Moretti parti a tutta velocità per un grande obiettivo: arrivare puntuali alla Giostra del Saracino.
Senza ripassare da casa, fu annunciato dall’Araldo l’arrivo di 10 sbandieratori che dopo 10 mila chilometri di viaggio comparivano come per magia da dietro l’angolo, vestiti con il proprio costume e con bandiere e tamburi in mano.
da “L’Alfiere” – n. II – 2024, pagg. 8-9
Lorenzo Diozzi, Stefano Martini