Parlare con Vittorio Dini, il Professore, come lo chiamano da sempre, con stima, rispetto ed affetto tutti, ma soprattutto loro, gli Sbandieratori di Arezzo, i suoi ragazzi, è sempre un’avventura, un viaggio, che partendo da ricordi o aneddoti, ti trasporta in un mondo di emozioni, sensazioni che non vorresti poi mai abbandonare. Li chiama i “suoi” sbandieratori, perché li considera una sua creatura: “Sono divenuti uno straordinario esempio di comunicazione non verbale. Più direttamente, parlano al cuore e con il cuore, e questo li pone, splendidamente, al di là del tempo”. Queste parole, già riportate in un colloquio con un amico, danno il senso e la dimensione umana e culturale di questo personaggio.
“Ho partecipato a dar corpo a un’intuizione. L’ho cresciuta, sempre assieme a “una banda di amici”, e poi lei ha preso la sua strada. Arezzo è sicuramente ben rappresentata da questi ambasciatori: la storia viaggia assieme a loro. Quando si esibiscono c’è un che di naturale, di non rappresentato ma di vissuto. Il gioco della bandiera, il muovere la bandiera, è caratteristica genetica, e questo nessuno lo può artefare. Insomma: o si ha, o non si è”.
I ricordi e le memorie saranno senz’altro innumerevoli e tutti degni di essere menzionati ma sicuramente ce ne sarà qualcuno più significativo e indimenticabile ed infatti il Professore, ricorda ancora con commozione quella prima volta a Massa Marittima, nell’agosto del 1961. “Dopo quasi un anno di intensi preparativi c’erano ancora la paura e la curiosità di vedere l’effetto sul pubblico; ma come dimenticare quel senso di “liberazione, al primo lancio in aria delle bandiere, tra ovazioni e sorpresa”. Un mix emozionale che da allora accompagna gli Sbandieratori ovunque vadano”.
E poi l’altra, memorabile per il Gruppo, per la Città e per l’Italia intera e cioè la partecipazione alla cerimonia di apertura della XIX Olimpiade a Città del Messico, nel 1968. Tale previlegio, ricorda, “non fu concesso dall’alto, ma conquistato nei giorni precedenti della grande selezione, fra oltre novanta rappresentative nazionali, svoltasi nel vasto ed accogliente scenario della Città Universitaria del Messico. Rimane, a memoria perenne della stessa storia olimpica, l’immagine del secolare cavallo rampante dello stendardo che il primo alfiere portava, a rappresentare la Città di Arezzo e la Giostra del Saracino”.
Ed ancora, ricordi anche più personali e intimi, come quello con il Dr. Droandi, Direttore dell’EPT all’epoca, geniale ideatore e promotore di quello che avrebbe trasformato un sogno in una splendida realtà e che volle proprio lui, il Professor Dini, alla guida tecnica del nascente sodalizio. Creare un Gruppo autonomo di Sbandieratori che nel contesto della Giostra del Saracino, avrebbe portato la tradizione, la storia e la cultura di Arezzo in Italia e nel Mondo.
Ricorda il Professore, “le continue riunioni, anche nel salotto di casa per la scelta dei costumi, delle figure, delle coreografie; le prove e gli allenamenti con Andrea Imparati e Omero Vezzani che proprio sotto la mia guida furono i primi Sbandieratori e i primi istruttori per gli altri ragazzi che via via entravano a far parte dell’Associazione”.
Parlare di Sbandieratori di Arezzo, non può prescindere dal menzionare La Schermaglia, esibizione e emblema unico ed irripetibile che caratterizza il nostro Gruppo. E’ così che nacque questa rappresentazione, come ci ricorda Dini, “prendendo spunto dalle antiche schermaglie esibite nel lontano medioevo, attraverso un’esecuzione scenica, una danza, una lotta, anche con lance, coltelli, spade e picche oppure con aste o bandiere, due uomini che rappresentano tutto il genere umano, con la sua faziosità, l’odio, il coraggio, si affrontano e si combattono fino a che trasfigurandola e reinventandola finiscono per rappresentare l’eterna lotta dell’uomo contro il suo simile ma che alla fine della contesa riscoprono un profondo senso morale e sociale, un desiderio di generosità e pace, il prevalere del Bene sul Male, la Pace che vince la Guerra”.
E per concludere, ancora un pizzico di amarcord. Il prossimo anno, 2017, saranno 50 anni dal quel grande evento che furono i Giuochi Internazionali degli Antichi Sport della Bandiera, che si svolsero proprio nella nostra Città dal, 5 al 9 luglio 1967. Vittorio Dini fu l’ideatore e il principale promotore dell’evento e magari, l’occasione potrebbe essere quella di un ricordo o una rievocazione. Ed è così che il Professore, con slancio ricorda che “quello fu il naturale coronamento di un percorso iniziato qualche anno prima e che aveva visto nascere la Confederazione Internazionale degli Antichi Sport della Bandiera e che tale disciplina, sconosciuta ai più, diventò, anche grazie alla manifestazione di Arezzo, amata ed apprezzata dal grande pubblico. Più di 500 sbandieratori, nei rispettivi tipici costumi e bandiere tradizionali, provenienti oltre che dall’Italia, dalla Francia, dalla Germania, Belgio, Olanda, Svizzera si cimentarono in gare ed esibizioni a squadre, singole, coreografiche ed atletiche”.
È con orgoglio e con la consapevolezza di aver contribuito a creare un qualcosa di straordinario che Vittorio Dini trasmette “l’emozione che emana da un uomo e dalla bandiera nelle sue mani, mentre la sfiora, la spinge in alto, sicuro che ritornerà dove aver dispiegato il suo fruscio e i suoi colori nell’aria. E questo senza bisogno di parole né di traduzioni”.
Grazie, Professore.
da “L’Alfiere” – n. II – 2016, pagg. 8-9