Incontrare Luciano Gelli è sempre un piacere perché lui ti sorprende sempre. Ogni argomento lo interessa e su ogni cosa non è mai banale. Se poi si tratta di giochi, sfide o scommesse, allora si entra in una prateria. Per rimanere sul pezzo, per esempio, si è presentato a questa chiacchierata con una borsa letteralmente piena di articoli di giornale, foto, souvenir e tanti ricordi e aneddoti verbali.
Luciano è un sbandieratore delle prime generazioni e di cose da raccontare ne ha tante. Inizio con il chiedergli come e quando è entrato a far parte del Gruppo.
Sono entrato nel 1967 e spiego come. All’epoca io frequentavo Ragioneria ed avevo come insegnante di Educazione Fisica il Professor Dini e nello stesso tempo praticavo atletica al Campo Scuola di via Fiorentina e venni a sapere che il Professore cercava ragazzi da inserire nel Gruppo Sbandieratori. Mi presentai e fui subito impiegato – ndr: Luciano è sempre stato uno sportivo e vantava…vanta ancora oggi un fisico invidiabile –come atleta nelle specialità previste per i Giuochi Internazionali degli Antichi Sport della Bandiera che si svolsero proprio in quell’anno ad Arezzo. Ricordo che mi classificai terzo nel lancio del puntale e secondo quale componente del quartetto della staffetta con bandiera 4×100. Di lì ad entrare nel Gruppo vero e proprio il passo fu breve ed infatti a settembre dello stesso anno partecipai, anche se solo come alfiere senza sbandierare, alla trasferta di Aquisgrana per i Giochi senza Frontiere. – ndr: Per la serie degli aneddoti, di cui Luciano ne ha uno scaffale pieno, ecco ricordare che la prima trasferta lui la fece con stivali numero 42 su un piede numero 44…ma il maganziniere Berto non aveva altro disponibile! – A fine estate poi, iniziando gli allenamenti sotto la guida di Fabrizio Bulletti, divenni a tutti gli effetti uno Sbandieratore.
Luciano, per quanti anni hai fatto parte attiva del Gruppo?
Sono rimasto ininterrottamente in attività fino al 1977, quindi 10 anni tondi tondi, anche se poi ho partecipato richiamato dalla Associazione alle trasferte in Giappone del 1993 e del 1995 a Sasebo e alla Giostra del Saracino del 1999. Sono rimasto però sempre vicino al Gruppo e come socio ho frequentato e frequento la sede e partecipo, quando posso, alle attività e alle iniziative della Associazione
Di sicuro ne avrai di ricordi o aneddoti da raccontare in proposito, peraltro alcuni vissuti anche con il sottoscritto?
Indubbiamente si, un paio almeno proprio con te che mi stai ora intervistando. Il primo nel 1974 in Germania, precisamente ad Augsburg, in occasione di un evento dell’ENIT per la promozione dell’Italia nel mondo, ricordo che una sera volemmo provare l’uscita “a luci rosse” in un locale di spogliarello dove si esibiva una famosa star dell’epoca – mi pare si chiamasse “Lily La Grande” – e non ci fecero entrare perché non avevamo la cravatta. Ebbene, la sera dopo, non avendo nessuno di noi un tale accessorio in valigia, ci presentammo tutti belli in giacca e camicia, bianca o a quadrettoni, con una sorta di papillon fatto con i lunghi lacci degli stivali…a mo’ di texani…e potemmo apprezzare le grazie dell’artista!! Il secondo nel 1975, prima delle tante successive trasferte ad Alcoy in Spagna, in un interminabile viaggio in treno attraverso l’Italia, la Francia e poi la Spagna, la nostra compagnia fu il mio terrificante radio-stero acquistato in Giappone qualche mese prima, praticamente un mobiletto trasportabile, che mi appoggiavo sulla spalla tipo sacco di patate!!! Un altro, poi, scusami, ma indimenticabile, una partita ininterrotta a carte da Arezzo ad Amsterdam, sopra un tamburo posto nel corridoio dell’autobus, con i partecipanti che si alternavano fra una sigaretta e una sosta e l’altra!!
Un parere tecnico Luciano. Come vedi i ragazzi oggi, i saggi, le esibizioni rispetto ai tuoi anni?
Bene, sicuramente molto bene, anche se noto una evoluzione nei movimenti, nelle coreografie, nei tempi di esecuzione delle varie figure. Ai miei tempi si privilegiava la tecnica pura, la quasi lentezza delle azioni, oggi prevale uno stile più veloce, dinamico. Vedo, e sono molto belli naturalmente, lanci spettacolari, di estrema difficoltà tecnica e di esecuzione, improntati sulla forza e sulla velocità. Per contro, posso tranquillamente confermare che, vista anche la grande proliferazione di gruppi e di concorrenti, la scuola, l’impronta, le bandiere, i costumi dei nostri ragazzi rimangono inconfondibili e non replicabili. Insomma, siamo stati i primi, i precursori di un’arte e di una tradizione che pur nel cambiamento dei tempi è e rimane la prima e resta il punto di riferimento per tutti gli altri.
Come sopra accennato, tu non ti sei mai allontanato dalla Associazione, pur non sbandierando più. Come vivi questo legame?
Sì, come già detto ho sempre mantenuto i contatti con il Gruppo e con i ragazzi, soprattutto quelli con cui ho svolto l’attività nei miei anni di permanenza. Penso a te, per esempio, a Sergio Testi con il quale avevo particolarmente legato e con cui abbiamo continuato a frequentarci anche al di fuori della Associazione. A proposito di quest’ultima, posso senz’altro affermare che negli ultimi anni è stato fatto veramente un gran lavoro per tenere i canali aperti, per avvicinare anche gli ex come me al sodalizio. Penso alla sede, alle varie e tante attività che vengono svolte, alle cene che purtroppo ora ci sono impedite, ma spero che presto potremmo tornare ad incontrarci.
C’è qualcosa che vuoi dire o aggiungere a questa conversazione?
Sì, magari una riflessione o chiamiamolo un ricordo che di tanto in tanto mi ritorna. Penso alle belle esperienze che ho potuto fare, entrando a fare parte degli Sbandieratori. Penso ai viaggi, alle persone che ho conosciuto ed incontrato, alle cose che ho potuto vedere. Erano anni in cui andare all’estero, viaggiare, essere sulle pagine di giornali era un previlegio per pochi ed è stata una fortuna ed una scuola di vita per me, ma penso anche per tutti coloro che hanno potuto vivere questa avventura speciale. Penso a Borg’unto, al minuto prima dell’ingresso in Piazza Grande per la Giostra. Un momento unico, irripetibile, un concentrato di emozione, passione paura, tensione prima di affrontare quel pubblico, quella piazza, che pur al confronto di tutte le altre innumerevoli platee del mondo, rimangono sempre la nostra piazza, il nostro pubblico. Per tutto questo, sono stato e rimango uno Sbandieratore per sempre.
da “L’Alfiere” – n. I – 2021, pagg. 4-5