Gli Sbandieratori sono stati protagonisti al “Silver Dollar City” a Branson nel 2001 e nel 2012. In entrambe le occasioni ancora non esisteva la rivista L’Alfiere per raccontare le emozioni e i retroscena della trasferta. Con l’aiuto dell’informatica e di Massimo “il Toc” Donati abbiamo provato a colmare questo vuoto. I legami e i ricordi che questa esperienza ha lasciato negli Sbandieratori sono così forti che non potevano che essere intervistati tutti insieme!
Raccontatemi subito un aneddoto divertente memorabile
Di situazioni divertenti e memorabili se ne possono raccontare tante, dalla ricerca delle forbici nel camerino alla domanda “contro chi gioca l’NBA?”. Ma sicuramente la prima sera, quella del nostro arrivo fu davvero indimenticabile: entriamo in un bar dove c’era una famiglia che festeggiava un compleanno; la festeggiata (una signora sulla 60ina) vedendoci entrare ci viene in contro e si tira su la maglietta… Un inizio trasferta spumeggiante.
La cosa più stupida e quella più bella che vi siete comprati negli Usa
Ci sono stati vari acquisti folli, tipo il barattolone di patatine al formaggio grande quanto un fusto di birra, i caschi da football e qualcuno si è comprato pure la spada di Leonida di 300. Sicuramente non possiamo dimenticare magliette storiche come quella di Dragon Ball, o di Buzz Lightyear, ma soprattuto tutto il kit accessori Captain America comprato proprio dal nostro capo trasferta Lorenzo Buracchi (il Bura). Ad ogni modo il premio delle spese pazze venne attribuito assolutamente a Daniele Fabbriciani (il Capa).
Rimanendo in tema vogliamo parlare dei supermercati in stile Usa?
Immensi, forniti di qualsiasi cosa, pazzeschi. Erano aperti 24h su 24 e si poteva fare le gare con le macchinine elettriche messe a disposizione della clientela. All’uscita di solito facevamo la gara su chi aveva speso di più e su le cose più strane che avevamo comprato.
A proposito di cibo, so che avete avuto un invito a pranzo da italiani, raccontate…
Ci trovavamo a Memphis, più precisamente all’uscita della villa museo di Elvis Presley, e nel “nostro solito fare scherzoso” ci prendevamo in giro l’un con l’altro a voce abbastanza alta. Una signora davanti a noi si gira e dice al marito: “Guarda caro questi ragazzi sono italiani”. Da lì è bastato fare quattro chiacchiere con questa coppia italo-americana che ci siamo ritrovati con un invito a pranzo per la settimana dopo a Kansas City. È stato come tornare a casa per un giorno. Dei tortellini meravigliosi.
Oltre le cose divertenti vi siete anche esibiti tantissimo, come funzionavano le esibizioni?
Facevamo 4 esibizioni al giorno in un parco divertimenti stile Mirabilandia, iniziando la mattina alle 9 e proseguendo fino all’orario di chiusura del parco, credo le 17, 17:30. Lo spettacolo comprendeva una sfilata lungo le strade del parco con esibizioni a tappe, fino ad arrivare alla piazza centrale dove mettevamo in mostra uno spettacolo completo con singoli, coppie, squadre e schermaglie. Durante le pause spesso ci impegnavamo ad inventare varianti da inserire nelle esibizioni (come dimenticare il trio con le bandiere verde, bianca e rossa, con l’inno di Mameli in sottofondo che non ha capito nessuno). Da notare che il gruppo era composto da 10 elementi, 1 tamburo, 2 trombe, 5 sbandieratori e 2 acrobati, per cui il lavoro c’era per tutti. Anche rasentando la perfezione a volte ci sono state delle sbavature come “il pensatore” e quella volta che i musici erano partiti senza “accendere” le trombe. Un ultimo ricordo va al nostro accompagnatore Larry (soprannominato Learch) che apriva la strada al nostro passaggio.
E il tempo libero invece come funzionava?
A fine giornata rientravamo in albergo e diciamo che ognuno si prendeva il proprio momento di relax, tra giocare a football o a baseball, o a bere una birretta in tranquillità sul pianerottolo delle camere. Essendo primavera inoltrata era molto piacevole stare fuori anche solo a fare due chiacchiere. Solitamente le serate finivano davanti a bistecche succulente e a boccali di birra gelata, tanto pagava “Bau”. Inoltre avevamo 2 giorni alla settimana liberi, nei quali tramite lo “sbandierapulmino” siamo stati a visitare Saint Louis, Memphis e Kansas City. Abbiamo visto anche una partita di NBA, Memphis Grizzlies contro Cleveland Cavaliers.
Nel tempo libro qual è stata la cosa più bella e più stupida che avete fatto?
Tipo dormire in 10 in un pulmino in un parcheggio può bastare?
Immaginate di dover dare un consiglio ai voi di allora che stanno per partire…che vi direste?
Consiglierei di non farsi troppi programmi e di godersi tutto quello che succede con tutta la serenità del mondo e soprattutto di cercare di essere uniti e di trovare un compromesso per andare tutti d’accordo, perché sarà un’esperienza unica e irripetibile e sarebbe stupido sciuparla. E noi non l’abbiamo sciupata vai.
Parliamo del pulmino, com’è l’America vissuta on the road?
Beh il viaggio on the road in America è stato il sogno di una vita che si è realizzato! Viaggiare per le strade americane è davvero qualcosa di unico, dai paesaggi ai posti dove fermarsi a mangiare! Poi avevamo 20 anni ed eravamo liberi di andare dove ci pareva in giro per gli states! Young wild and free. Talmente young wild and free che siamo passati sulla mitica Route 66 senza accorgercene
Chi era il meno angolofono? Qualche parola la avrete certo imparata lì anche…ditemi qualcosa in americano
Speak my group and don’t rumor please! Credo che il Bura fosse quello che ci cavava meno, nonostante fosse il capogruppo! Giacomo Nucci, pur impegnandosi con foga, riusciva a pronunciare parole molto maccheroniche che ci facevano scompisciare.
da “L’Alfiere” – n. I – 2020, pagg. 14-15