Per le vie della città o per le strade di campagna, se si presta attenzione, è facile imbattersi in immagini sacre, collocate semplicemente sopra il portone di una casa o nel cantone di un incrocio, oppure inserite in edicole (diminutivo del termine latino aedes, “tempio”) o tabernacoli, siano essi semplici strutture o vere e proprie chiesette in miniatura. Questi luoghi di fede, che in Toscana sono popolarmente detti maestà, testimoniano un’usanza popolare particolarmente radicata nella nostra terra, che affonda le sue radici addirittura nell’uso pagano di definire spazi sacri, come gli incroci, con immagini sacre. Sono dunque un patrimonio che, per quanto minore, racconta parte della nostra storia e della devozione e pietà che i nostri predecessori ci hanno voluto lasciare.
Nel centro storico di Arezzo sono riuscito a contare 55 icone sacre, da semplici targhe murate su una modesta abitazione, fino a vere e proprie edicole lavorate in pietra a sporgenza e affrescate. Di queste, ben 29 raffigurano la Madonna del Conforto. Ciò testimonia come negli ultimi due secoli tale miracolo cittadino, di cui recentemente si è celebrato il 229° anniversario, sia stato oggetto di una devozione sentita e ininterrotta, esibita anche in questo uso di porre sotto la protezione della Vergine la propria casa e strada. Già in un trattatello del 1796, Giulio Anastasio Angelucci afferma che «i ritratti della nostra Imagine adorata effigiati in rame, in cera, in argento, e in oro in numero incredibile sono ormai sparsi per tutta Italia». È noto che la sacra immagine aretina, conservata nell’Ospizio Camaldolese di San Clemente, era a sua volta la riproduzione di una miracolosa icona senese, la Madonna di Provenzano, che dal 1552 era molto venerata in tutta la Toscana: si tratta di una targa devozionale, forse settecentesca, in maiolica policroma, realizzata con uno stampo a calco e rusticamente modellata, in una bottega di area senese. Pertanto, la sua essenza era del tutto equiparabile a quella delle immagini di cui stiamo trattando: queste, dopo il miracolo, si diffusero ovunque nell’aretino e oltre. Pertanto alcune delle icone apposte per devozione su case e strade possono essere quasi dello stesso periodo dell’originale, senza effettive distinzioni iconografiche rispetto alla figura della Madonna di Provenzano.

La distinzione maggiore, infatti, è successiva al 1814, anno in cui il vescovo Agostino Albergotti ottenne da papa Pio VII l’autorizzazione a incoronare la Madonna del Conforto, celebrata il 15 agosto. Pertanto, ritengo che le immagini che non presentano la corona si possano collocare tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo. Nel centro di Arezzo ho individuato tre di questi esempi: il primo in un palazzo di via del Saracino (n. 29), dove la targa è inserita in una nicchia in pietra, lavorata con le stesse decorazioni delle finestre; il secondo, poco distante, si trova in un’abitazione di via Saffi (n. 27, foto 1), anch’esso in una nicchia simile alla precedente; il terzo, invece, è in via Oberdan (n. 71), in una semplice rientranza del muro, purtroppo in cattivo stato di conservazione.
Le tre immagini sono tra loro molto simili, e assi vicine a quella della Madonna del Conforto: sono realizzate in terracotta, probabilmente con uno stampo, e decorate a maiolica: penso, dunque, che le si possa attribuire a una bottega di area senese (come Asciano, San Quirico d’Orcia, Poggibonsi) e datare alla fine del Settecento. Altro caso che ritengo molto è interessante è la nicchia in pietra sulla facciata di una piccola abitazione di via delle Fosse (n. 9, foto 2): al suo interno è dipinta l’effige dell’icona miracolosa e sopra di essa è posta una corona dorata (purtroppo in pessimo stato di conservazione).

L’affresco è chiaramente antico, e per la particolare scelta iconografica, ritengo interessante ipotizzare che sia stato realizzato proprio per celebrare l’incoronazione della Madonna del Conforto. Tutte le altre immagini individuate presentano l’immagine, per noi consueta, della Vergine incoronata, e si possono datare tra il XIX e il XX secolo: in questo periodo si attestano come particolarmente attive anche le botteghe ceramiche di area aretina, in primo luogo quelle di Monte San Savino, ma anche di Arezzo, Castiglion Fiorentino e Cortona. Un altro dato degno di nota è la distribuzione geografica di queste icone: ben quattro si trovano lungo via San Lorentino (particolarmente interessanti sono quella in terracotta al n. 83 e quella dipinta al n. 49), addirittura cinque tra i vicoli delle Fosse e delle Paniere, molti altri nella zona di Colcitrone, quindi nelle aree più popolari della città antica. Con questa breve passeggiata abbiamo scoperto un aspetto secondario della devozione per la Madonna del Conforto – non equiparabile, ad esempio, al grande sforzo realizzato dagli aretini per la costruzione della grandiosa cappella in Duomo – ma non per questo meno interessante e importante per la città. Si tratta di un capitolo della nostra storia e del nostro patrimonio artistico che, per quanto minore, va conservato e valorizzato.
da “L’Alfiere” – n. I – 2025, pagg. 6-7
Francesco Sartini