L‘Associazione “SIGNA ARRETII” dopo un lungo percorso di crescita, si costituisce ufficialmente nel 2007. Ne fanno parte le figure dei Valletti, Vessilliferi e Fanti, in qualità di Rappresentativa Comunale, anche al di fuori del contesto giostresco, ruolo in questi anni svolto in più occasioni in Italia ed all’estero.
Signa arretii: fanti ma non solo. Stefano, raccontaci questa associazione.
Innanzitutto mi fa piacere quello che hai detto, “fanti ma non solo”, anche perchè non siamo solo il gruppo fanti. Nella nostra Associazione sono presenti tutti i simboli di Arezzo, signa aretii significa insegne di Arezzo: i fanti portano il cavallo inalberato (non rampante!!!), poi abbiamo gli antichi gonfaloni del popolo, il bipartito rossoverde del comune (mentre il cavallo era la Città), abbiamo le insegne della parte guelfa e ghibellina e gli stemmi dei quattro quartieri, quindi tutta l’araldica aretina medievale e moderna.
Il motto “Ubi nos Arretium est” ovvero, “dove siamo noi c’è Arezzo”, non segue la forma latina perfetta perchè si pensa che nel medioevo il latino non fosse così preciso e diffuso. Proposi questa frase all’allora preside del liceo classico Prof. Giugnoli, il quale ci diede l’approvazione ad utilizzare questa forma particolare.
Per te cosa significa indossare questi abiti?
Indossare questi costumi deve essere un privilegio, dietro questi costumi c’è la storia della nostra città: i fanti del comune sono nominati addirittura nello statuto della città del 1327.
Per quanto mi riguarda, ho avuto l’onore di vestire il costume di sergente dei fanti, una fortuna che ho avuto e che mi riempie di orgoglio, come mi riempie di orgoglio la crescita esponenziale di questo gruppo.
In merito a questa grande crescita, quali sono i progetti futuri nel medio-lungo periodo?
Questa associazione è cresciuta moltissimo, sia a livello quantitativo che qualitativo e la recente inaugurazione della sede è un vanto per tutta la città. Riusciamo a creare degli eventi e delle iniziative molto interessanti, quindi per il futuro l’obiettivo è quello di provare a mantenerci su questi binari e confermarli.
Quale tipo di collaborazione concreta vedi nei tre gruppi non facenti parte della competizione.
Siamo tre Associazioni, ciascuna con una propria caratteristica. a parte la collaborazione classica all’interno della Giostra, potrebbe essere interessante sedersi di fronte ad un tavolo e porsi obiettivi ben precisi per creare qualche cosa di nuovo: un esempio, mi piacque molto quando il Gruppo Musici si esibì in concerto, rappresentando la propria storia, in Piazza Grande. Su quella scia, noi abbiamo pensato di realizzare una rappresentazione teatrale su Campaldino: mettersi alla prova è alla base di tutto.
Un ricordo di quando indossavi il costume da sergente?
Il ricordo più bello, devo citarlo, è stato quando non ero vestito: il 4 luglio 2015 quando abbiamo aperto la nostra nuova sede, il coronamento di un percorso che mi ha emozionato fortemente.
Cosa cambieresti della Giostra?
Dal punto di vista pratico, il “canovaccio” della Giostra del Saracino non ha bisogno di grandi stravolgimenti. Devo però segnalare troppo “provincialismo” nei figuranti: noi cerchiamo di porre molta attenzione ai dettagli quando indossiamo il costume, cosa che non sempre si può dire dei quartieristi. Un esempio banale è l’utilizzo dei foulard sopra al costume storico.
Abbiamo parlato di questi tre gruppi: Associazione Signa Arretii, Gruppo Musici della Giostra e Associazione Sbandieratori. Recentemente sono avvenuti episodi sgradevoli durante le sfilate e a fine manifestazione. Perché secondo te?
Il motivo è quello che dicevo prima, non c’è una reale percezione di quello che rappresentiamo e quello che facciamo. Siamo è un biglietto da visita per i turisti e vedere offesa una rappresentativa comunale, o vedere una persona in borghese «sfidare» una persona in costume non è un bel segno: c’è da lavorare molto sotto questo punto di vista.
Hai un consiglio da agli Sbandieratori?
Non posso dare consigli ad un’associazione che ammiro. Mutuo un detto dei bersaglieri: “Sbandieratori è per sempre”. Ho fatto circa 7 anni di gruppo attivo e sono stati 7 anni molto intensi, sono felice di essere socio di questa associazione che, come altre in questo ambito, fa le cose con il cuore: ci vuole la passione alla base, ma se non c’è il cuore non si appianano certe situazioni.
da “L’Alfiere” – n. I – 2017, pagg. 8-9