Mancava una settimana al nostro rientro in Italia, esattamente domenica 3 settembre, giorno della tradizionale Giostra di settembre. Da settimane stavamo studiando le varie possibilità per poter rientrare in tempo ad Arezzo e potervi partecipare. L’atterraggio a Fiumicino era previsto per le ore 11 circa, per cui in linea teorica avremmo dovuto farcela, però, c’erano molti però. Nei molti momenti liberi, mettevamo sul piatto tutte le ipotesi, ritardo dell’aereo, tempi lunghi alla dogana, traffico in autostrada. Ogni ipotesi era accompagnata da una possibile soluzione studiata nei minimi dettagli. Ovviamente il tutto ci imponeva che avremmo potuto riabbracciare i nostri cari nel corso della sfilata oppure a Giostra finita. Se tutto fosse filato liscio saremmo riusciti ad entrare a S. Domenico, se avessimo accumulato un certo ritardo, ci saremmo cambiati a casa di Steno e saremmo entrati in sfilata in via Roma, se avessimo ritardato ancora, ci saremmo cambiati da Ivan e saremmo entrati direttamente da Borg’unto. Tutto pianificato.
Domenica 3 settembre 1989. Dopo un lungo volo sulla rotta polare, atterrammo a Fiumicino in perfetto orario, ma ad attenderci c’era lo scoglio più temuto, la dogana. Con noi avevamo un pacco con svariate katane, le armi bianche dei guerrieri samurai. Decidemmo di metterle tutte assieme in un unico carrello spinto dalle poderose braccia di Paolone. Nelle nostre menti pensavamo “se ci fermano addio Giostra, o la va o la spacca”. Alla domanda di rito “nulla da dichiarare?” la nostra risposta fu ovviamente “no”. Alla seconda domanda “cosa portate in quelle casse?” la risposta fu “le solite cose giapponesi, vasi, bamboline…” (erano ben diversi i controlli pre 11 settembre). Via libera! Moretti era lì ad aspettarci, puntualissimo, con un pulmino ed un’auto, per cui via di corsa verso Arezzo!
Il cielo era sereno, la temperatura da manuale di fine estate, tutto propendeva verso la più ottimistica delle nostre previsioni. Ma eravamo sul filo dei minuti e dopo due anni di astinenza da Piazza Grande, la paura che qualcosa si fosse potuta mettere di traverso, era tanta. Il traffico in autostrada era scorrevole, cosa che ci permise di mantenere una velocità di crociera non proprio in linea con il codice della strada. La tabella di marcia era perfetta, per cui cominciavamo ad immaginarci in costume nelle vie del nostro amato centro storico, ma il costume dovevamo ancora indossarlo. Entrammo a gran velocità nell’area di parcheggio Ritorto, poco prima di Fabro (quella con le cupole in plexiglass). Scendemmo tutti all’unisono e con perfetto sincronismo (dopo quasi due mesi di convivenza ci conoscevamo a menadito) scaricammo le valigie, ci spogliammo della divisa estiva da viaggio e indossammo calzamaglia e stivali, il tutto in un tempo record da pit-stop di F1. Ciò avvenne sotto gli occhi di una famiglia che aveva interrotto il proprio viaggio per smorzare la fame mangiando un panino che smise di masticare per osservarci con stupore ed imbarazzo. Ripartimmo alla volta di Arezzo, esattamente con destinazione parcheggio Pietri, dove arrivammo in tempo per poterci riunire al Gruppo in piazza S. Domenico. Scendemmo già tutti vestiti ed ognuno con la propria bandiera o tamburo e via, di corsa lungo la salita della Postierla di Pozzolo, dietro la chiesa di S. Domenico. Dopo un giorno intero di viaggio e 10.000 Km, ci mancavano pochi metri alla meta. In quel preciso istante l’allora Direttore Tecnico Pasquale Livi, era intervistato in diretta da Teletruria in piazza S. Domenico, il cronista Mauro Messeri gli chiese dei ragazzi in trasferta in Giappone e lui rispose “sono atterrati a Roma alle 11, li stiamo aspettando da un momento all’altro…ma…aspetta, eccoli!”.
Difficile raccontare le emozioni di quel momento, la gioia provata nel riabbracciarsi tutti, come testimoniò la fortuita diretta televisiva e l’intervista che Mauro tentò di fare al “Nonno”, il compianto Massimo Bianchini “scusa, ma non ho parole, sono troppo emozionato, siamo troppo felici”.
Ore 15:00, 4° colpo di mortaio, dopo 107 esibizioni in terra giapponese, partivamo per una nuova sfilata, la più bella.
da “L’Alfiere” – n. II – 2022, pagg. 12-13
Leonardo Calcini