Scherzi a parte (ma neanche troppo, poi vedremo), il legame tra gli Sbandieratori e la Giostra del saracino è da sempre indissolubile. Le motivazioni sono tante, senz’altro la componente ancestrale rappresenta l’humus senza il quale oggi non saremmo qui a parlarne. Il Gruppo nacque infatti dall’unione degli alfieri porta-bandiera dei quattro quartieri che sin dalle prime Giostre dell’epoca moderna (dal 1931), riempivano di colore, tradizione e virtuosismi il teatro del Saracino, Piazza Grande. La forza della tradizione cittadina è un altro elemento di catalisi, l’essere protagonisti dello spettacolo giostresco di fronte alla città eccitata per la “disfida di buratto”, per la calura di fine estate, esercita un’attrazione davvero forte. Oppure, semplicemente, questo magnetismo magico è alimentato dall’amore che ognuno di noi porta per la città, le sue tradizioni, i suoi campanilismi di quartiere. Fatto sta che per ogni ragazzo che entra a far parte del Gruppo Sbandieratori, la partecipazione alla Giostra del Saracino rappresenta non un traguardo, ma “IL” traguardo. Non a caso per la Giostra vengono presentate coreografie sempre nuove cariche di elementi innovativi e complessi.
Nel corso degli anni è capitato molto raramente che il Gruppo si sia dovuto dividere per poter partecipare contemporaneamente alla Giostra del Saracino e a prestigiose trasferte. Sul finire degli anni ’80, questa coincidenza è capitata per due anni consecutivi. Nel 1988 il Gruppo fu invitato a partecipare ad un carnevale internazione a Johannesburg nelle settimane di fine estate, appunto coincidenti con le due Giostre che in quegli anni si correvano l’ultima domenica di agosto e la prima domenica di settembre. Erano molti anni che il Gruppo aspettava di poter partecipare ad una trasferta fuori dal vecchio continente per cui, seppur con dispiacere, nessuno pensò di rinunciarvi. Questo nonostante il fatto che la nostra partecipazione al carnevale sudafricano avesse suscitato malumori ed attriti con Palazzo Cavallo, la cui giunta ci invitava a non partecipare ad una iniziativa che si sarebbe svolta nel paese del Governo bianco dell’apartheid, dell’orribile segregazione razziale, dei carcerieri degli attivisti dei diritti dei neri sudafricani, tra cui il più celebre, Nelson Mandela, allora imprigionato a Robben Island. La nostra idea era ben lontana dalle legittime considerazioni politiche ed umane, in quanto noi volevamo partecipare spinti dallo spirito che ci ha sempre guidato, ossia quello dello spettacolo come mezzo di inclusione, pace e fratellanza, come testimoniò poi l’amicizia stretta con un gruppo folkloristico locale di etnia zulu e la nostra storica visita nel sobborgo di Soweto, dove i bianchi raramente e a proprio rischio e pericolo potevano entrare. Detto ciò partimmo e una parte del Gruppo non si esibì in Piazza Grande.
L’anno successivo ci fu la grande opportunità di partecipare ad un festival del folklore latino presso un villaggio turistico giapponese, vicino a Nagasaki. La trasferta era molto lunga, ben 49 giorni, e ancora una volta non avrebbe consentito ai 10 partecipanti alla trasferta di esibirsi per la Giostra. Partimmo per questa maratona giapponese il 17 luglio 1989. Ad attenderci c’era un caldo infernale al quale ci abituammo dopo un paio di settimane e tre esibizioni al giorno. Dopo oltre un mese di esibizioni, arrivò il giorno di Giostra, il 27 agosto. I contatti telefonici con i nostri compagni rimasti ad Arezzo, non sortirono l’effetto sperato, ossia quello di sentirsi un pò parte della manifestazione. Il desiderio di essere in piazza a lanciare le nostre bandiere tra le torri, i palazzi storici, il porticato vasariano, il palazzo della fraternità e l’abside della Pieve, era troppo forte. La fantasia non è mai stata avara con il Gruppo, tantomeno in quel frangente, per cui decidemmo che in qualche modo avremmo partecipato anche noi ad un nostro personalissimo Saracino. La nostra piazza sarebbe stata il corridoio dell’albergo, al piano dove avevamo le nostre stanze. Allo scoccare della mezzanotte ora giapponese, coincidente con le 17:00 ora italiana e quindi con il colpo di mortaio che annuncia l’ingresso in piazza, i 10 alfieri giapponesi fecero il loro ingresso con mezzi di fortuna adattati per l’occasione. Tra una risata e l’altra, cercammo di replicare “seriamente” ciò che a 7 ore di fuso orario stava accadendo ad Arezzo; ingresso dei vessilliferi con i loro colori di rappresentanza, delle damigelle accompagnate dai loro paggi, degli sbandieratori (come potevano mancare) e loro esibizione. E poi…Giostra! Ogni componente del Gruppo corse per il quartiere del cuore, la lancia era costituita da un ombrellino in plastica rosa che ci fu dato in dotazione dall’organizzazione del festival ad inizio trasferta, la cui punta veniva “sporcata” con la cera nera degli stivali. Il tabellone era una copia perfetta dell’originale.
Come da copione, due carriere per quartiere; la lettura dei punteggi era spesso oggetto di controversie e accese discussioni, tant’è che nel bel mezzo della “Giostra”, il guardiano di notte dell’albergo, ci intimò di rientrare nelle nostre stanze e di smetterla di fare confusione a notte inoltrata. Diligentemente obbedimmo, ma giusto il tempo che fu necessario al guardiano per rientrare al piano terra, dopodiché riprese il torneamento. Dopo le otto carriere, la vittoria del Saracino giapponese fu appannaggio del quartiere di Porta S. Spirito. Consegnata l’immaginaria lancia d’oro, ci riunimmo tutti in una delle nostre piccole stanze in attesa di notizie da Arezzo. Quando arrivarono apprendemmo che l’esibizione del Gruppo rimasto a casa era andata bene e che la Giostra (quella vera) era stata vinta da Porta Crucifera, per la gioia dei giostratori giapponesi Ivan e Leo. Ci comunicarono anche che la Giostra aveva subito una breve interruzione causa pioggia, chissà che non abbia coinciso con la nostra interruzione causa guardiano di notte……
da “L’Alfiere” – n. I – 2022, pagg. 12-13
Leonardo Calcini