Il contenuto di questo articolo si è stratificato nel corso di numerosi anni ed è passato dall’essere una semplice curiosità ad essere una vera e propria caccia al tesoro.
Tra la sua meravigliosa natura e il santuario francescano, il monte della Verna rappresenta un luogo di cammino, preghiera e meditazione che attira persone da ogni parte del mondo, ma per gli aretini rappresenta anche un luogo dal fascino tradizionale, nel quale trascorrere almeno qualche giornata dell’anno, tra gite domenicali ed occasioni religiose. Anche per gli Sbandieratori di Arezzo i luoghi della Verna e di Chiusi della Verna hanno rappresentato appuntamenti ed esibizioni importanti, durante le rievocazioni storiche della donazione del Monte della Verna e di visita al Monte del Conte Orlando Cattani. Dal 1213, infatti, l’8 di maggio ricorre l’anniversario della donazione del Monte della Verna da parte del Conte del castello di Chiusi in Casentino a Francesco d’Assisi (all’epoca già determinatissimo frate, seppur non ancora Santo). L’anno successivo alla donazione il Conte salì personalmente sul monte per ammirare l’operato di Francesco e la nascita del monastero.
Da buon aretino, arrivando alla Verna in auto, fin da piccolo sono sempre rimasto meravigliato dalla visione (più profana che sacra) della Fontana del Campari, una scultura posta a lato della strada che non può passare inosservata, almeno agli occhi dei più piccoli. Infatti, salendo dalle curve del monte, giunti nei pressi di Chiusi della Verna, ci si trova a passare accanto ad una particolarissima scultura pubblicitaria, posta nel lato destro della strada, composta da due colonne dall’aspetto molto classico, sormontate da volti scolpiti nella pietra bianca. Tra le colonne campeggia enorme la scritta scolpita “Campari” ed è presente una fonte con una vasca ed una elegante tubatura per il passaggio dell’acqua. Permettetemi una precisazione: ho avuto modo di constatare personalmente che dalla fontana esce purissima acqua del Casentino, non il bitter del Campari.
Molti anni dopo alla scena del ragazzino che controlla la natura del liquido spillato dalla fontana, vestendo i panni dello sbandieratore, ho avuto la fortuna di esibirmi proprio nella piazzetta che si apre di fronte alla fontana, sfilando e volteggiando le bandiere proprio in occasione dell’anniversario della donazione del Monte a San Francesco. Anche allora vivendo questo monumento come una semplice curiosità di un luogo.
Recentemente, invece, ho visitato le montagne Pistoiesi, nel tentativo di ricercare luoghi freschi per stemperare il clima dell’estate. Esattamente come quando ero piccolo, ero seduto nel lato del passeggero durante un viaggio che serpeggiava tra le curve di una strada di montagna. In questa occasione, mi è successo di vedere presso la località di Le Piastre a Pistoia un’altra fontana del Campari. Mi trovavo a 150 km e quasi tre ore di viaggio di distanza dalle curve di Chiusi della Verna, ma non ho avuto dubbi sul fatto di aver intravisto di nuovo il monumento pubblicitario. La fontana pistoiese è molto simile a quella aretina e recentemente ha anche avuto una pulizia completa che ha riportato la pietra ad un classicissimo bianco. Anche quella di Pistoia, mi pesa dirlo, non spilla il rosso liquido dei drink ma acqua purissima. Iniziando a dubitare che fossero solamente due esemplari, dopo il secondo incontro ho approfondito la storia di questi particolarissimi cartelloni pubblicitari.
La prima notizia saliente è che le fontane, tutte simili e riconoscibili tra loro, erano sicuramente più di dieci esemplari sparsi su tutto il territorio italiano e nessuna di queste ha mai dispensato Campari. Oggi ne esistono solamente tre copie ancora in piedi e visitabili e, oltre a quelle presenti nel territorio di Pistoia e di Arezzo, l’altro esemplare si trova a Brunate in provincia di Como (da questo momento si apre quindi la caccia al tesoro per riuscire a vederle tutte). Le statue del Campari sono opera dell’artista Giuseppe Gronchi, effettivamente commissionate dall’azienda Campari per pubblicizzare il proprio nome e prodotti. Giuseppe Gronchi è stato uno scultore fiorentino di inizio ‘900, proficuo in molte parti di Italia e famoso per le opere monumentarie commemorative e per la partecipazione alla decorazione della stazione di Milano Centrale e della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. In particolare, si segnala il Monumento sepolcrale di Igilio Righini al cimitero di Trespiano del 1919. Agli inizi degli anni ’30, proprio per la sua vocazione al monumento e allo stile decò, in linea con i canoni estetici dell’epoca, venne scelto dalla azienda Campari per le proprie fontane. Non è stato possibile reperire fotografie dell’epoca ma sembra che nel corso del ‘900 le statue abbiano anche ospitato i volti di Mussolini e del Re Vittorio Emanuele II, per poi essere demolite, fortunatamente, solamente in questi elementi.
L’incontro tra arte e pubblicità non era una novità di quel periodo e neppure per l’azienda Campari che negli stessi anni fece disegnare l’iconica bottiglietta del Campari Soda a Fortunato Depero che la ideò semplicemente rovesciando la sagoma del bicchiere del Bitter. Le idee pubblicitarie di quel periodo sono da attribuire a Davide Campari, figlio del creatore della bevanda Gaspare Campari, che con le fontane permise l’incontro tra un bene primario e comune come l’acqua e il proprio logo scolpito nel travertino. Per quanto riguarda la fonte di Chiusi della Verna, nello specifico, l’installazione dell’opera seguì l’inaugurazione dell’acquedotto che si occupava proprio di portare l’acqua nella città. Anche oggi questa modalità di marketing sembra sopravvivere. In particolare, si pensi a quante aziende hanno recentemente legato il proprio nome alle borracce in alluminio, regalandole a dipendenti e clienti, proprio per promuovere un sano consumo di acqua. La sopravvivenza di questi loghi monumentali va anche ritrovata nella conservazione che ne è stata fatta nel tempo. Infatti, la fontana di Chiusi della Verna negli ultimi anni è stata oggetto di un notevole restauro, voluto, promosso e pagato proprio su iniziativa dei cittadini e in particolare da sette donne del casentino.
da “L’Alfiere” – n. III – 2023, pagg. 10-11
Lorenzo Diozzi