Non parliamo dell’anniversario della costruzione della basilica aretina (alla quale, ufficialmente, ne mancano 4 ancora ai 750), cara ai quartieristi di Porta del Foro: parliamo del Santo fondatore dell’Ordine, morto a Bologna il 6 agosto 1221. Mah si: parliamo di fatto di entrambi, perché le celebrazioni di questo anno giubilare, lungi dall’essere solo cosa di chi c’ha fede, dovrebbero essere considerate parimenti a quelle dantesche, per il portato culturale che l’Ordine ha avuto nella storia dell’Arte italiana, oltre che per la potenza politica agita nei secoli dai frati del Guzmán.
I Domenicani, documentati in città già nel 1236, hanno rappresentato per noi aretini una presenza bella e radicatissima nel tessuto sociale e nelle memorie di tanti: il loro lascito non è esauribile nella sola commissione del grande Crocefisso, o nell’aver ospitato il conclave seguito alla morte del Beato Papa Gregorio X.
San Domenico è vivo: lo chiami ed ecco gli scouts; lo chiami e ti viene in mente la televisione -prima parrocchiale e poi diocesana- diretta dall’instancabile Padre Giovanni Serrotti dal 1980 al 2009; lo chiami e vedi la basilica piena dei 470 convocati a sinodo nel 2018 dalla Chiesa aretina; lo chiami e ricordi quella fucina di talenti (io certo non lo fui) che è stata la squadra di calcio fondata nel ‘66 da Padre Raimondo Caprara e sciolta nel 2011; lo chiami e ringrazi per quanto fecero i frati nella loro “repubblica” durante gli anni terribili della guerra e dell’occupazione poi, col ricovero di fuggiaschi, partigiani, perseguitati, poveri di ogni categoria sociale.
Per evocare e riassumere tutto ciò voglio guardare non al Cimabue ma al trittico collocato nella cappella laterale sinistra all’altare maggiore: “San Michele tra i Santi Domenico e Paolo”, attribuita a Giovanni d’Agnolo di Balduccio (1370-1452) di inizio ‘400; fondo oro, figure solenni, sguardi dolci, nei tondi l’Annunciazione, San Pietro da Verona e Tommaso d’Aquino. Insomma, un compendio dell’Ordine coi suoi massimi campioni. Ma l’Arcangelo e l’apostolo, che c’entrano?
Se è Ordo predicatorum una ragione ci sarà: non tanto ed unicamente la difesa della fede cattolica dagli eretici (ecco perché San Michele), quanto anzitutto la trasmissione della Parola (ecco perché l’Annunciazione) attraverso la testimonianza di vita (ecco perché San Paolo e San Pietro, entrambi decapitati) e lo studio approfondito (ecco perché l’Aquinate).
Insomma, in questa – in fin dei conti – modesta opera, quasi dimenticata nella penombra, forse la miglior rappresentazione della missione dei compagni di San Domenico.
Ho cercato, con semplicità, di ricordarci del valore di questo luogo, nell’attesa che la felice riapertura di archivi e biblioteche mi consenta finalmente di dare corpo ad un più strutturato libro che, da questo giubileo, riprenda le fila di una secolare storia.
da “L’Alfiere” – n. I – 2021, pagg. 12-13