Varie volte la città di Arezzo ha dovuto fare i conti con il manifestarsi di epidemie ed in particolare, più volte tra il XIV e il XVII secolo, si è trovata a fronteggiare il sopraggiungere della peste. Il sentimento di paura che si evince nei testi e nei documenti storici oggi consultabili, ci fa capire quanto questa malattia fosse temuta e avesse insistito nelle vite del popolo aretino.

Una prova di come la città ha resistito ed è risuscita a debellare la peste, ci viene fornita dalla tavola dipinta con “San Rocco che allontana da Arezzo il flagello della peste”, realizzata da Bartolomeo della Gatta nel 1479 e conservata oggi al Museo Statale d’arte Medioevale e Moderna di Arezzo. Il Santo, infatti, dal Medioevo in poi, era invocato dalla popolazione per allontanare la peste e, tuttora, San Rocco è la figura alla quale si rivolgono i fedeli con la supplica di porre fine alle epidemie. Nell’opera d’arte la città di Arezzo è dipinta in lontananza e i suoi edifici fanno da sfondo allo svolgersi della scena in cui, per intercessione del Santo, gli Angeli allontano la peste simboleggiata da una serie di frecce.

Ad ulteriore testimonianza della devozione che gli aretini avevano verso San Rocco e, quindi, della frequenza con cui la città ha dovuto affrontare le epidemie, ricordiamo la scultura in terracotta policroma realizzata da Andrea Sansovino, databile intorno al 1528 e collocata presso la chiesa dei Santi Quirico e Giulitta a Battifolle, piccola località nella periferia di Arezzo. L’opera, difatti, raffigura il Santo nell’atto di mostrare la gamba sinistra, caratterizzata da un rigonfiamento cutaneo come tipico sintomo riconducibile alla peste.

Ma cosa ci insegna la storia adesso che stiamo lottando contro una nuova epidemia?

Facendo un veloce e forzato confronto fra la città di Arezzo com’era nel Cinquecento e com’è oggigiorno, possiamo dire quanto siano cambiate e migliorate le conoscenze scientifiche e, di conseguenza, quanto sia mutata la fiducia verso medici e operatori della sanità. Certamente oggi, rispetto alle epoche passate, è aumentata anche la velocità con la quale un virus può diffondersi a livello globale. Tuttavia, ciò che a distanza di cinquecento anni non è cambiato nel corso di eventi pandemici, oltre al senso di paura e di difficoltà avvertito dalle persone, è la raccomandazione proveniente dai governi e dagli organismi sanitari per limitare il contagio: distanziamento sociale e attenzione all’igiene.

Aggrappandoci alle speranze che la storia ci offre e ci mostra attraverso le opere d’arte, quali testimonianze perenni di come la comunità aretina abbia affrontato e superato le difficoltà nei periodi di peste, possiamo sentirci forti e lottare contro il terribile virus che affligge il mondo contemporaneo; perché, in fondo, ciò che davvero accomuna l’Arezzo del Cinquecento a quella di oggi è l’ottimismo, la voglia di riprendere possesso delle nostre vite e di tornare ad abbracciarci in nome di quel senso di comunità forte e coesa che da sempre ci appartiene.

La nostra storia è la nostra forza, ci insegna e ci dà coraggio.

Bibliografia:

A. Brilli, Arezzo visioni e vedute, BPEL, editore Le Balze, 2000