Tra le colonne della rivista l’Alfiere sono stati pubblicati con precisa cadenza articoli riguardanti gli elementi più significativi dei quattro quartieri della città. Ogni articolo inoltre aveva un ricordo e un aneddoto legato alla Associazione Sbandieratori, dettato dal grande sodalizio che unisce tutti i partecipanti della giostra e tutti i luoghi simbolo della manifestazione.
Per quanto riguarda Porta Sant’Andrea, in occasione del recente restauro e della partecipazione degli Sbandieratori all’inaugurazione di fine lavori, è stata analizzata la struttura della cinta di mura e della porta che caratterizza quell’angolo di città. Per quanto riguarda Porta Santo Spirito è stata raccontata la storia dei Bastioni e della profonda trasformazione che ha subito nei secoli questo fondamentale accesso cittadino. L’ultimo articolo pubblicato si è concentrato su Porta San Lorentino e sulla Chimera, simbolo di un quartiere ma anche della città intera. Ripercorriamo adesso, nella presente analisi, i luoghi e i simboli di Porta Crucifera.
La prima cosa che ci si trova a dover chiarire, parlando con turisti o amici di altre città, è che riferirsi a Porta Crucifera o a Colcitrone significa riferirsi alla medesima entità. In questo luogo di Arezzo, infatti, è impossibile distinguere tra il quartiere inteso come insieme di abitazioni, piazze e attività commerciali ed il Quartiere che scende in Piazza Vasari durante la Giostra. Tutto è Giostra in Colcitrone, tutti sono vicini di casa tra i quartieristi di Porta Crucifera.
Il nome Colcitrone ha la più nobile delle origini, legata al mondo del lavoro, essendo i culcitroni gli artigiani che realizzano i materassi. Il quartiere storicamente, infatti, è stato un luogo animato da molti mestieri, alcuni dei quali, nel tempo presente, vengono svolti altrove o sono totalmente mutati. Oggi comprare un materasso in Colcitrone è una grande sfida ma il quartiere resta la zona principale del centro storico di Arezzo e vanta importanti strade e palazzi come Piazza Grande, nella quale giostrano sempre in casa, la sede della Fraternita e quella degli Sbandieratori, la Pieve, la Basilica di San Francesco, il Prato e la Fortezza.
Non è però possibile oltrepassare la antica Porta del quartiere poiché questa è stata abbattuta a fine ‘800 per permettere un moderno sviluppo urbano della zona. Con uno sforzo di immaginazione storico, nemmeno troppo complesso, è tuttavia possibile rivedere la Porta all’ingresso di Piazza di Porta Crucifera, ripercorrendo la traccia delle mura ancora presenti.
Proprio nel luogo nel quale sorgeva la porta giunge via della Minerva, una delle strade principali del Quartiere e della città, dedicata alla divinità romana. Infatti, in questi luoghi, e più precisamente nei pressi della chiesa di San Lorenzo, è stata ritrovata, insieme ai resti di una grande domus romana, un grande bronzo raffigurante la Minerva. Il ritrovamento risale all’anno 1541 ed è stato, come spesso accade, involontario, durante la costruzione di un pozzo, e come altrettanto spesso è accaduto, il bronzo è stato acquisito nella collezione di Cosimo I de’ Medici a Firenze, con una sorte simile alla Chimera rivenuta in San Lorentino.
La Minerva di Arezzo è stata rinvenuta divisa in più parti e nel XVIII secolo fu oggetto di un primo importante restauro per mano dello scultore Francesco Carradori, mentre un secondo restauro è avvenuto in tempi moderni ed ha donato alla statua una struttura più solida e fedele all’originale, correggendo gli errori di assemblaggio di braccia e testa che erano stati commessi con i precedenti restauri.
La statua è un bronzo cavo, realizzato con la tecnica della cera persa, la cui creazione viene datata nei primi due decenni del III secolo a.C. Nonostante il tempo e le modalità di ritrovamento l’opera risulta un vero capolavoro per dettagli e particolari che sono fortunatamente giunti fino a noi.
La Minerva, poco più piccola di una figura a misura reale, indossa un lungo peplo morbidamente increspato nel bronzo che le arriva sino ai piedi, ai quali sono presenti alti sandali. Indossa inoltre un himation, un mantello che le copre una spalla e che le si avvolge intorno alla vita, scendendo poi fino alla gamba. La divinità delle virtù eroiche e della guerra giusta e strategica porta poi su proprio corpo anche un elmo, decorato con una civetta ed un serpente ed un pettorale decorato con scaglie di serpente e coronato dal gorgoneion, la testa di Medusa che nell’antica Grecia aveva un valore protettivo. Non per ultimo è degno di nota il volto della Minerva, con un profilo dolce e labbra definite ma con uno sguardo capace di evocare tutte le abilità belliche e la saggezza della dea.
Pur stabilmente custodita nel Museo Archeologico Nazionale di Firenze la Minerva torna ciclicamente a visitare la città di Arezzo, attraverso mostre ed eventi culturali particolarmente sentiti e partecipati degli aretini, come recentemente accaduto nel 2008 e nel 2017.
Inoltre, nella piazza cuore del Quartiere di Porta Crucifera, nella quale vengono festeggiate le giornate di Giostra, è presente una copia della Minerva, donata nel 2002 dalla ditta orafa F.lli Chini in onore dei propri cinquanta anni di attività e in memoria del fondatore.
Un luogo come Colcitrone ed un Quartiere come quello di Porta Crucifera non potrebbero avere nei propri luoghi un simbolo migliore. La dea Minerva è tradizionalmente la divinità della guerra, della strategia e degli scontri portati avanti per ideali giusti ma anche la divinità protettrice delle arti e dell’artigianato. L’aspetto del quartiere legato all’artigianato emerge dalla storia di questi luoghi ed è tutt’oggi presente nel nome Colcitrone, l’aspetto legato alla guerra vive ogni anno, per due volte all’anno in Piazza Grande durante la Giostra del Saracino quando, circondati dai colori delle bandiere e dalle note di trombe e tamburi, gli armati di Porta Crucifera scendono in campo, fieri come la loro Minerva, ad affrontare gli altri quartieri.
da “L’Alfiere” – n. IV – 2020, pagg. 6-7