Alessandro Gori, in arte Lo Sgargabonzi, è un monologhista aretino in quota Valdichiana, scrittore, autore televisivo, interprete sul palco dei propri testi (ma senza emozionarsi mai), ha partecipato alla prima puntata di Tintoria (miglior podcast italiano), ma soprattutto è un appassionato di giochi da tavolo. Nel chiedergli questa intervista mi sono presentato sbagliando il suo nome e lui ha anche capito che scrivevo per un’altra rivista. Chi ben comincia…
Rimanendo sulla presentazione. Ho notato che nei vari progetti o eventi il nome Lo Sgargabonzi e Alessandro Gori spesso si scambiano tra loro, così come il tuo volto non viene sempre mostrato in ogni occasione. Come va con questo gioco delle maschere?
Nessun gioco delle maschere: è tutto molto semplice. Alessandro Gori sono io, Lo Sgargabonzi è semplicemente il titolo del mio progetto: prima blog, poi pagina Facebook, poi spettacolo live. Non c’è nessuna scissione: chi va in scena sono io e io soltanto, non potrei fare altrimenti. E ci vado con la mia faccia.
È uscito a giugno 2024 il tuo ultimo libro intitolato “Gruppo di leprecauni in un interno” edito da Rizzoli Lizard. In libreria mi ero posto il problema di dove trovarti ed eri nella sezione “novità narrativa”. Non mi sembra sbagliata come collocazione, come altro definiresti il tuo lavoro?
Non sta a me definirlo. Scrivo storie dai toni cangianti, che hanno l’ingrediente dell’umorismo, ma mi serve spesso per far risaltare la tragicità dell’esistenza. Se inserisci un momento drammatico fra due momenti comici, quel momento s’ammanterà di tenebra e diverrà vertiginoso, spaventoso e terminale.
I racconti del libro e anche altre tue produzioni spesso partono da situazioni di tranquilla normalità, ma poi proseguono con toni, accadimenti e finali iperbolici, come se la realtà dovesse essere ripensata. Ha un aspetto anche terapeutico questo tuo tenere un diario dell’incredibile o è solo uno strumento per fare umorismo?
Semplicemente faccio cozzare fra loro ingredienti apparentemente inconciliabili e vedo che storia sbrodola fuori. Può essere comica, tragica, verista, surreale, morbosa, lirica o orrorifica o un sacco di altre cose. Se vale la pena, la pubblico. Se no, resta nel mio computer. L’importante è che piaccia a me. Non inseguo mai un pubblico, ma scrivo solo per me stesso. Un comico dovrebbe pensarsi come un mistico, non come una macchina del buonumore.
È noto che tu sia un appassionato di musica. Nel 2024 abbiamo avuto il tuo libro e la reunion degli Oasis. Come sta andando quest’anno?
Sto preparando il nuovo spettacolo, Leprecauni Show, che porterò in tour da ottobre. Per il resto bene, sono reduce da un mese e mezzo di mare in riviera romagnola, la mia Shangri-La. Tutti rigorosamente in hotel, come nemmeno il principe Odescalchi. Ho pure pestato una siringa.
Nell’ultimo libro hai scritto un’incredibile guida sulla città di Arezzo. Che rapporto hai con Arezzo, con la Valdichiana e con, mi perdoneranno i presentatori t.v., l’aretinità?
Ho un rapporto normale con l’aretinità, mentre non amo la toscanità. Sono contento di essere aretino fosse anche solo per il fatto che Arezzo è l’Umbria della Toscana ed è l’unica provincia che confina con Rimini e Pesaro, quindi una via di fuga verso l’adriatico.
Sempre in “Gruppo di leprecauni in un interno” si legge come la creatura del leprecauno nell’immaginario generale sia oggi “imbolsito dal folklore”. Volevo, quindi, sapere cosa ne pensi delle feste e delle rievocazioni storiche?
Non ne so assolutamente nulla. Non ho nemmeno mai visto la Giostra del Saracino e non distinguerei un buratto da un castagno e un mazzafrusto da una cattedrale.
Per invogliare alla lettura del libro ti faccio una domanda “spoiler senza contesto”, la cui spiegazione si può trovare solo leggendo i tuoi racconti: sono più i crostini che hai preparato o quelli che hai mangiato?
Anni fa, per un mio compleanno, preparai dei crostini con dei bruchi spalmati, dicendo che erano crostini al pesto e avocado, e nessuno si accorse di niente.
Una curiosità prima di salutarci. In uno dei racconti di “Gruppo di leprecauni in un interno” citi un volantino che pubblicizza “la ludoteca L’Alfiere” che è il nome della Rivista dell’Associazione Sbandieratori di Arezzo nella quale pubblichiamo questa intervista. So che per te i giochi da tavolo sono cosa serissima, esiste davvero questa ludoteca?
No, non esiste.
da “L’Alfiere” – n. III – 2024, pagg. 14-15
Lorenzo Diozzi