Se è noto che figuranti con bandiera fanno parte del palinsesto della moderna Giostra del Saracino sin dalla seconda edizione del 1932, meno certe sono le informazioni riguardo al loro uso nelle Feste cittadine delle epoche precedenti.
Anche nel XIX secolo in città come Arezzo si usava arricchire e solennizzare le pubbliche manifestazioni con vessilliferi o alfieri (è solo nel secondo dopoguerra del XX secolo che entrerà correntemente in uso il neologismo “sbandieratore”); queste comparse che maneggiano drappi variopinti, di solito senza badar troppo alla qualità e all’ortodossia dei movimenti, avevano la funzione di allietare e intrattenere il pubblico con evoluzioni e lanci, specie nelle pause.
In quel periodo erano ovunque in auge cimenti equestri, che ad Arezzo consistevano in Palii “alla Tonda”, spesso nel «Circo» dei giardini del Passeggio del Prato, oppure “alla Lunga”, con fantini che gareggiavano seguendo un percorso rettilineo (il toponimo “La Mossa”, nella zona sud della città, ne è ancor oggi un chiaro richiamo). La Giostra “ad Burattum”, caduta in disuso nei secoli precedenti, tornerà come sappiamo solo durante il Ventennio fascista, secondo il proposito del regime di riesumare tradizioni storiche come strumento di propaganda e simbolo delle antiche glorie; i Palii alla Tonda e alla Lunga cadranno a loro volta in disuso nei primi anni ’20 del XX secolo, anche per la loro pericolosità.
Nell’organizzare tali usanze, la più sentita delle quali si correva in onore del Patrono S. Donato, non di rado si guardava ad analoghi festeggiamenti di altre città della Toscana: del Palio alla Tonda è ovvia l’emulazione col Palio di Siena, che per tutte svolge il ruolo di modello, termine di paragone spesso dichiarato, talvolta sottaciuto, ma anche evento con cui rivaleggiare campanilisticamente.
In questo contesto, ci piace qui commentare alcuni documenti presenti nell’Archivio di Stato di Arezzo (Atti Magistrali, XIII, cc. 424–429 e 452–453 n.m.). Le carte del Ten. Oreste Brizzi, notabile aretino autore di numerose pubblicazioni e appassionato cultore delle vicende cittadine, mentre ci guidano nel mondo delle Feste patronali, preconizzano la nascita di un insieme di quelli che chiama “Giuocolatori di Bandiere”.
Oreste Brizzi (o solo Brizi, non di rado in passato nella scrittura si ometteva una delle doppie consonanti, ndr), nella sua «Nuova Guida per la Città di Arezzo», 1838 (di cui è stata recentemente pubblicata da Forni Editore una ristampa anastatica) si definisce “Bibliotecario dell’I. e R. Accademia Aretina di Scienze Lettere ed Arti e Socio di varie altre Illustri Accademie Italiane”.
Uno dei manoscritti, vergato con calligrafia minuta e fittissima, ci narra di … un sogno, gustoso già dall’incipit:
Dicesi che i sogni della notte sono immagini del dì guaste e corrotte.
Brizzi scrive, tramite il Nobile aretino Giovanni Guillichini con cui si era incontrato, al Consiglio della Comunità Aretina, il 29 giugno 1836. La sua istanza intende suggerire modifiche agli imminenti festeggiamenti per S.Donato (8-9 agosto):
Io avevo parlato a lungo delle prossime e straordinarie feste di S. Donato, e fra le altre cose mi era stato assicurato che per maggior fornimento del Palio alla Tonda sarebbersi fatti venire da Siena dei giuocatori di Bandiera […] Tanto avrei gradito l’ondeggiamento delle sperate Bandiere, che desideravo averne certezza dal di lei labbro, quando mostrando premura di partire mi ritenne dal farle delle interpellazioni a questo riguardo.
Brizzi ammette che una sera, coricatosi dopo letture di storia cittadina nelle quali scopre che
[…] in antico il Consiglio, o Senato della nostra Città era di 400 Individui, e che se ne sceglievano 100 per porta, giacché Arezzo va divisa in Quarti prendenti il nome dalle rispettive Porte cioè Crocifera, Del Foro, Del Borgo, di S. Andrea,
in sogno vede sfilare al Prato carrozze, militari a cavallo, tamburini, trombetti, donzelli oltre ai fantini con i loro “barberi” destinati alla Corsa, divisi secondo l’antico frazionamento amministrativo della Città in Quartieri, e opportunamente abbigliati con colori diversi. Sì, anticipava di quasi un secolo uno degli stilemi della Giostra moderna!
Con minuziosa spiegazione, egli espone poi la sua visione di uno spettacolo di bandiere:
[…] seguivano i Tamburi sei Giuocolatori di Bandiera vestiti di bianco con una Ciarpa alla vita, e un berretto in testa. Le loro bandiere erano di seta della grandezza di quelle di Siena ciascuna divisa in Quarti, che due Quarti Rossi del colore del vessillo Comunitativo, e i due altri Quarti di un altro colore colle iniziali, in mezzo, della Porta a cui ciascuna Bandiera apparteneva; la sesta però delle quali appartenente al Sobborgo di Colcitrone oltre le solite lettere aveva i due Quarti Rossi, un Quarto del colore della Bandiera della Porta, e l’altro Quarto del color proprio affatto diverso dai colori di tutte le Porte.
La passione traspare dalle sue parole:
La vista di tanti oggetti variati, lo sventolare delle bandiere facienti Corteo al Gran Pennone Cittadino, il frastuono dei tamburi, della banda e delle trombe dava alla festa un aspetto veramente nazionale, e gradito che invidia di poco quello del Palio alla Tonda di Siena, ed io mi sentivo trasportato quasi in estasi alla bellezza dello spettacolo quando dopo fatto un giro si dileguò la turba e rimase il Circo senza ingombri. […] Lasciando da parte i sogni, e parlando da desti, dirò che il giuoco di Bandiera è bello, ma quando ha un perché siccome a Siena, e che anche il bello diviene bellissimo quando possiede un certo carattere come sarebbe nel nostro caso.
Dilungandosi (non poco…) su vari aspetti, arriva persino ad occuparsi dei costi!
Circa al fare i giubbetti e i berretti ai fantini, la è cosa di pochissimo rilievo riguardo alla spesa. […] In quanto poi alla gravità della spesa (benché duratura per qualche secolo) non volendola, o non potendola far tutta adesso, potrebbesi quest’anno limitarsi il numero delle Bandiere alle sei principali cioè a quelle delle cinque Porte virgola e del Sobborgo di Colcitrone.
Non si conoscono dettagli sull’esito della Festa, ma evidentemente l’istanza – corredata persino di un disegno a colori delle bandiere da usare – venne in qualche modo recepita, visto che il programma per la” Passeggiata prima del Palio alla Tonda” di S.Donato di quell’anno (corso nell’anello dei Giardini del Prato) illustra che
[…] nel tempo dei 20 minuti o mezz’ora di riposo dei cavalli gli alfieri […] tratterranno il Pubblico col giuoco delle Bandiere.
Per la cronaca, il suo disegno di bandiere vede assegnati, tra gli altri, a Porta S.Spirito i colori rosso e giallo, a Porta S.Lorentino (P. del Foro) rosso e blu, a Porta Ferdinanda (P. S.Andrea) rosso e bianco, e a Porta Crocifera rosso e nero …
da “L’Alfiere” – n. III – 2021, pagg. 2-3
Giovanni Bonacci