La notizia ci è giunta improvvisa nel corso della nostra recente trasferta in Germania. È deceduto Vittorio Dini, il Professore per tutti ma soprattutto per noi Sbandieratori di Arezzo, i suoi ragazzi. Come un segno del destino: lui che aveva fatto degli Sbandieratori gli ambasciatori di Arezzo e delle sue tradizioni, ci ha lasciato proprio durante una delle nostre tournée. Il suo “messaggio”, il sogno della sua vita è ancora attuale. Le parole rischiano di risultare di circostanza o fuori luogo quando viene a mancare una figura importante, e per noi Vittorio Dini importante lo era davvero. Ci permettiamo tuttavia due riflessioni.
La prima è quasi ovvia: se oggi in Italia, ed in larga parte anche in Europa, è radicata la tradizione di gruppi di sbandieratori e si assiste ad un fiorire di associazioni storiche e scuole di alfieri che “maneggiano bandiere”, lo si deve principalmente a lui. Determinante fu l’intuizione di Alberto Mario Droandi, allora direttore dell’EPT di Arezzo, di rendere autonomi gli alfieri dei Quartieri della Giostra del Saracino e di farne strumento di promozione. Assieme al compianto professor Florido Magrini, fu Vittorio Dini a portare a compimento una rigorosa ricerca storica, antropologica, culturale, frutto di conoscenze e competenze straordinarie, grazie alla quale seppe restituire significato e senso allo sbandieramento individuale e collettivo, di fatto originando in embrione tutti i futuri gruppi di sbandieratori. Tutti gli siamo quindi debitori di aver riscoperto e valorizzato questa tradizione, fatta di coreografie e spettacolo ma soprattutto di storia e valori universali, trasformando il linguaggio della “bandiera”, per sua natura simbolo di parte, in uno strumento di unione e fratellanza fra mondi e culture le più diverse.
La seconda riflessione è invece più personale ed umana. Vittorio Dini, il Professore come lo chiamavamo noi ancor oggi dopo oltre quarant’anni dalle sue dimissioni da Direttore Tecnico, è stato per generazioni di sbandieratori aretini, ancor prima che istruttore e responsabile del Gruppo, un secondo padre, un esempio ed una guida. Con il suo proverbiale e premuroso familiare epiteto “tato” col quale era solito richiamare la nostra attenzione, con il suo stile mai imperioso od autoritario, ma sempre rispettoso ed autorevole, ci ha sì insegnato “a maneggiar bandiera” ma soprattutto ci ha trasmesso educazione, regole, comportamenti, disciplina, plasmando in uomini un gruppo di ragazzi.
Per tutto questo ancora Grazie Professore, non La dimenticheremo mai.
da “L’Alfiere” – n. III – 2018, pagg. 1-3